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  ORA ET LABORA !  



 MONACI BENEDETTINI SILVESTRINI
 Bassano Romano (VT)


...Affrettati, non tardare, Signore Gesù: la tua venuta dia conforto e speranza a coloro che confidano nel tuo amore misericordioso....



«Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei. (Lc 1, 26-38).

Aveva trascorso la notte al buio, una delle tante notti, solo, al gelo, nella grotta. Aveva paura del buio e tremava per il freddo. Aveva lasciato da tempo il padre, il fratello e la sua bella casa, colma d’amore e di calore. Aveva girovagato per paesi e città. Era stato a divertirsi nel paese dei Balocchi e aveva dissipato tutti i suoi averi. Aveva attraversato fiumi e paludi. Si era imbrattato di fango. Si era inzaccherato nella melma delle sporcizie umane. Aveva poi imboccato la via più larga del deserto: aveva goduto i primi giorni quando il suo sguardo si perdeva oltre l’orizzonte dove il nulla e l’infinito sembravano congiungersi con l’azzurro intenso del cielo terso. Dentro gli pulsava sempre più forte la brama per gli spazi sconfinati e quel deserto senza strade, quelle strade senza cigli, prive di segnali, stavano intonando nel suo animo il canto sguaiato della sconfinata libertà. Finché gli riusciva di tenere alto lo sguardo non sentiva tanto la stanchezza e la meta sembrava lì, sempre prossima anche se invisibile e invero sempre più lontana, inesistente. Cercava una casa più grande, senza porte, senza padre né fratelli e gli pareva di vederla appena oltre l’orizzonte, velata soltanto da una duna. Godeva a momenti dell’ebbrezza nel sentirsi grande, libero, quasi onnipotente senza l’angustia dei segnali. Avanzava nel deserto grande a piedi nudi e già dentro gli divampava il fuoco. Non trovò mai un’oasi o una casa nel deserto. Ebbe fame, sentì l’arsura della sete, le lacrime copiose solcavano le gote e scendevano spontanee: erano amare ed abbondanti perché intrise di tristezza e di avvilente solitudine. Il deserto, giorno dopo giorno, stava diventando la sua gabbia e la sua tomba. La casa di suo padre era ormai sempre più inaccessibile e lontana, come un vago ricordo e come smarrita in una struggente e dolorosa nostalgia. Ormai non c’era più una meta da cercare. Il sole bruciava e sembrava impallidisse ad ogni istante: il giorno si confondeva con la notte. Gli occhi stentavano ad aprirsi. Era quasi cieco, era stremato, pensava di morire, o forse era già morto, solo, nel deserto in quella sabbia rovente. 
Senza casa. 
Senza padre. 
Senza luce. 
Senza amore. 
Senza pane. 
Prigioniero di quello spazio immenso del deserto, schiavo della sua agognata libertà. Si stava costruendo la tomba e il suo inferno in quel deserto nella tragedia di una vita estinta. Gli parve un miraggio quel mattino: Qualcosa, qualcuno da lontano sta venendo verso di lui. Non lo sapeva, ma è il 25 di Dicembre. Una luce candida diversa da quella del sole, un globo che avanza, poi tre fari luminosi al fine l’abbagliano. Si vede invaso da quella luce buona, apre gli occhi. Sono tre persone e un giumento .“Io vengo” - sente da una voce suadente di Bambino - “da molto lontano. Anch’io, ho lasciato la casa di mio Padre. Lui mi ha mandato nel tuo mondo. Anch’io, esule, con i miei, ora sono nel deserto. Vengo a cercare gli erranti, gli schiavi e i vagabondi, vengo a liberare i prigionieri. Sono qui per te. Ho udito il tuo pianto, sono arrivate fino a me le tue lacrime. Ho fatto mio il tuo dolore. Sono nato povero in una grotta al freddo e al gelo. Forse la mia grotta è come la tua grotta. Sono nato nel tempo e Lei è la mia Madre vergine. Splendente della mia e della sua luce. È senza macchia e sa donare amore. Ecco la mia Madre, specchiati nel suo candore”. La Madre gli tocca gli occhi e lui, finalmente, vede. “Giuseppe, uomo santo e giusto” prosegue il Bambino “è il mio vigile custode. Ho per me, gli spazi infiniti e luminosi del Cielo e le infinite ricchezze. Il cielo però senza di te, senza l’uomo che mi somiglia ed è fratello, si vela di tristezza e perde un po’ del suo splendore. Perciò siamo venuti a cercarti, piccolo uomo della terra. Sappiamo che tu con tanti altri fratelli, state vagando nel vuoto e siete moribondi nel deserto. Io morirò per te, ma tu devi vivere, tu devi godere la vera libertà, devi essere la gloria di Dio Padre. Il tuo mondo, un tempo più bello di un giardino, ora è un deserto e tu sei uno schiavo, sei un fuggiasco, sei un esiliato. Tu hai smarrito la strada del ritorno. Io conosco la via, Io sono la via. Chi segue me non cammina nelle tenebre e non si smarrisce nei deserti. Sul monte Io pianterò una croce, irrorerò col sangue la tua terra e tornerà la vita in te, nel deserto, in tutto il mondo. Ognuno, con me ritrova una casa grande, una casa calda: ritrova il Padre, il Suo abbraccio, la gioia e la vera libertà. Uscirò a spargere il buon seme e fiorirà il deserto”. 
Queste le parole del Bambino. Così ognuno quest'anno festeggia il suo Natale. L’uomo smarrito nel deserto ha trovato una Madre ed un Fratello, ha lasciato il deserto, la terra degli schiavi, la grotta è diventata la sua casa grande e bella. Il buon Dio ha ricostruito un presepe vivo nel cuore di ognuno, anche nel tuo cuore. 
Anche per te che sia un bellissimo e santo Natale, una vera festa del cuore! Un ritorno nella Casa, nel cuore del tuo Dio che ti ama. 
Inchinati ed entra nella grotta, prostrati se hai voglia di pace e di perdono. Dio ha preso la tua carne per redimere la tua storia.

Accogli il Bambino, così dai gioia anche alla sua Mamma.


I Monaci Benedettini Silvestrini del Monastero san Vincenzo.
Bassano Romano 2010

 


In omnibus glorificatur Deus!

 

 




Congregazione Benedettina Silvestrina
Monastero San Vincenzo M
Bassano Romano (VT)

http://sanvincenzo.silvestrini.org
email: sanvincenzo@silvestrini.org
- 2010 -