San Vincenzo Martire
Tra legende e verità
San Vincenzo è senza dubbio fra i martiri
maggiormente conosciuti e venerati nel mondo cattolico e il suo culto, sin dai tempi più
remoti, si è tramandato in molti paesi e non solo della Spagna sua patria. A tal
proposito Sant'Agostino scriveva: "Qual è oggi la contrada, qual è la provincia
dove si estendono l'impero romano e il nome di Cristo che non celebri con gioia
1'anniversario del martirio di San Vincenzo" ? Sant’Agostino, dal 410 al 413 ogni
22 Gennaio pronunciava, dalla basilica Restituta di Cartagine, discorsi in onore
del diacono martire Vincenzo. Il Santo si festeggia ancora il 22 Gennaio in diverse
località dell’Europa, dell’Africa e perfino delle lontane Americhe. In Italia 91 tra
parrocchie e chiese venerano il suo nome; sin dal Trecento è protettore della città di
Vicenza che, secondo una vecchia leggenda, ne porta il nome.
La fama di santità di Vincenzo fu grande fin da quando era in vita a tal
punto che tre città spagnole si mostrarono da sempre piamente rivali nel rivendicare il
titolo di sua patria: Valencia, Saragozza e Huesca; secondo la tradizione più attendibile
egli nacque a Huesca, alle propaggini dei Pirenei.
Di nobile
famiglia, figlio del console Eutichio e della matrona Enola, Vincenzo ebbe
un'educazione pari al suo stato: destinato alle lettere, venne ben presto affidato dal
padre a Valerio, vescovo di Saragozza, perché provvedesse alla sua formazione spirituale.
Vincenzo corrispose pienamente agli insegnamenti del suo maestro e crebbe nella pietà e
nella virtù tanto che il vescovo lo nominò arcidiacono considerandolo suo braccio
destro; conquistò tanta fiducia in Valerio che gli affidò anche il compito di predicare in sua vece.
Intanto Diocleziano scatenava la persecuzione contro i cristiani. Gli
editti dell'imperatore non lasciavano dubbi: dovevano essere distrutti gli edifici, i
libri e gli arredi cristiani; i cristiani che ricoprivano cariche pubbliche sarebbero
stati esautorati e sottoposti a torture; tutti i sudditi dell'impero prima di compiere una
qualsiasi azione pubblica dovevano offrire sacrifici agli dei.
In questo clima terribile il vescovo Valerio
e l'arcidiacono Vincenzo non si sottrassero ai loro doveri e continuarono a testimoniare
la loro fede. Così quando Daciano, il prefetto della provincia spagnola nella
quale vivevano, ordinò il loro arresto Valerio e Vincenzo non fecero nulla per sfuggire
al persecutore. Condotti a Valencia, dove Daciano teneva il tribunale, furono fustigati e
torturati. Ma il crudele prefetto tentò invano di piegare la loro volontà e fiaccare i
loro corpi anzi si meravigliò, quando vennero portati al suo cospetto, di trovarli ancora
in buone condizioni fisiche. Daciano si adirò con le guardie, accusate di essere state
troppo tenere con i due cristiani, poi cercò di adoperare le armi della persuasione.
Queste furono le parole di Vincenzo anche a nome di Valerio: "La nostra fede è una sola. Gesù è il vero
Dio: noi siamo suoi servi e testimoni. Nulla noi temiamo nel nome di Gesù Cristo e vi
stancherete prima voi a tormentarci che noi a soffrire. Non credere di piegarci né con la
promessa di onori né con la minaccia di morte, perché dalla morte che tu ci avrai dato
saremo condotti alla vita".
Daciano mandò il vescovo in esilio e riversò
la sua ira su Vincenzo. Il primo supplizio a lui riservato fu quello del
cavalletto: uno strumento di tortura terribile che slogava tutte le ossa del corpo.
Vincenzo rimaneva con gli occhi al cielo in preghiera, come se il supplizio non lo
riguardasse. Daciano, pensando che la tortura fosse troppo lieve, comandava di arpionare
il corpo con uncini di ferro. II Santo conservava lo stesso atteggiamento. Anzi cosi
parlava rivolgendosi al carnefice: "Tu mi fai proprio un servizio da amico perché
ho sempre desiderato suggellare con il sangue la mia fede in Cristo. Vi è un altro in me
che soffre, ma che tu non potrai mai piegare. Questo che ti affatichi a distruggere con le
torture è un debole vaso di argilla che deve ad ogni modo spezzarsi. Non riuscirai mai a
lacerare quello che resta dentro e che domani sarà il tuo giudice".
II prefetto, con gli occhi fuori dall'orbita
per la rabbia, ordinava le ultime atrocità: la graticola e le lamine
infuocate. Vincenzo continuava a sopportare le torture impassibile. Daciano allora
decideva di sospendere quel genere di torture. Vincenzo veniva portato in una oscura
prigione e disteso sopra cocci di vasi rotti perché gli si rinnovassero le piaghe e i
dolori.
A quel punto avveniva il miracolo: le catene si spezzavano e i cocci si
trasformavano in fiori, mentre uno splendore di luce celestiale illuminava la cupa
prigione. Gli angeli scendevano dal cielo per consolare Vincenzo e prepararlo a godere del
Paradiso. II carceriere del Santo si convertiva.
Daciano si apprestava all'ultimo tentativo: convincere Vincenzo non più
con le torture ma con favori. Lo faceva trasferire su un morbido letto e gli concedeva di
ricevere i suoi amici cercando invano di piegarlo con le lusinghe.
Reso forte dalla fede in Cristo, Vincenzo moriva
il 22 gennaio del 304 e veniva portato in cielo da un coro di angeli festanti.La leggenda racconta che dopo la morte Daciano
ordinò che il corpo del Martire venisse gettato in un campo deserto e dato in pasto alle
fiere. Dio però intervenne mandando un corvo a vegliare le spoglie del Santo e a
difenderle.
Successivamente il prefetto
ordinò che il cadavere fosse rinchiuso in un sacco e gettato in mare, legandovi un grosso
sasso in modo da trascinarlo in fretta al fondo. Ma il sasso galleggiò e la brezza
trasportò le sacre spoglie verso una spiaggia dove furono raccolte in seguito ad una
doppia apparizione, ad un cristiano e ad una vedova: lo stesso Santo indicava il luogo
dove giaceva il suo corpo e in quel luogo accorrevano i fedeli per dargli onorata
sepoltura. Intanto, con l'avvento dell'imperatore Costantino che si era convertito al
cristianesimo, a Valencia veniva eretta una basilica in onore di
San
Vincenzo e sotto l'altare principale venivano composte le sue reliquie. Tuttavia, in
seguito all'invasione dei Mori, i cristiani di Valencia trafugavano il corpo del Martire
per metterlo al sicuro in Portogallo, in una chiesetta fatta appositamente costruire in
località del promontorio oggi detto Capo San Vincenzo. Finita la guerra contro i Mori, le
sante spoglie furono imbarcate in una nave che fece rotta verso Lisbona. Narra la leggenda
che durante il viaggio alcuni corvi si posarono sulla prua e sulla poppa
di tale nave quasi a voler significare la loro rinnovata protezione al Santo martire che
già un giorno avevano salvato dalle fiere. Giunto in città, il corpo venne deposto nella
chiesa di San Giusto e Santa
Rufina e dopo qualche tempo, esattamente il 15 Settembre del 1173, trasportato
solennemente in cattedrale. In ricordo vennero coniate delle monete d'oro con l'immagine
di Vincenzo su di una nave in compagnia di due corvi.
Numerosi e straordinari miracoli
si operavano ovunque e si operano tuttora all'invocazione del santo nome benedetto dal
cielo. Gregorio di
Tours narra di come gli abitanti di Saragozza vennero salvati dall'assedio posto da
Childeberto re dei Franchi grazie all'intercessione di San Vincenzo la cui tunica
custodivano e veneravano. Fatta la pace lo stesso Childeberto portava a Parigi un'altra
reliquia che si venerava a Saragozza: una stola del Santo.
Protettore in particolare
degli orfani, delle vedove e dei poveri, San Vincenzo porta un nome che, da
Vincens, vuole
essere per noi un simbolo e un augurio di vittoria. Vincenzo è il vincente, colui che
vince il male, qualunque esso sia, ed è accanto a noi tutte le volte che con fiducia
illimitata gli chiediamo di aiutarci a vivere secondo la legge di Dio.
Don Cleto
Tuderti, OSBsil
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